Fiego – Fattoria brigantesca nasce nel 2016, secondo l’anagrafe delle imprese della camera di commercio. La sua storia però è vecchia più di un secolo. Il sacerdote Michele Talarico nel 1901 comprò per i fratelli Annibale e Giovanni cento ettari di terra per uno. L’appezzamento faceva parte di un feudo che si estendeva fino ai paesi di Scigliano e Martirano. I due fratelli capostipiti sposarono due sorelle, Tommasina e Maria Rizzuti e la terra divenne così la loro dote. Dal matrimonio di Giovanni nacquero Emanuele ed Ercolino, che ereditarono il Fiego (“hjegu”, secondo la pronuncia locale). Sulle mappe ufficiali questo nome non esiste, è riportato invece Fego la cui etimologia è probabilmente da ricondurre a una variante dialettale della parola feudo. Anche il fiume che scorre all’interno della proprietà si chiama nello stesso modo. L’intero terreno era coltivato con ogni genere di frutta e ortaggi: grano, cavoli cappucci, mais, zucchine, melanzane, peperoni, pomodori, fagioli, cicoria e naturalmente le regine della Sila, la castagna e la patata. Tutto cresce rigoglioso, grazie alla buona terra e l’acqua di sorgente. Sugli alberi maturano ciliegie, mele, pere e noci. Nel fiume Fego guizzano delle saporite trote, il mulino ad acqua macina la farina, nella “pastillara” si essiccano le castagne e le mucche producono un bel latte grasso, con cui il nonno Ercole fa dello squisito pecorino, il caciocavallo e le ricotte. Ogni inverno venivano affittati terreni affacciati sul mar Ionio per consentire la transumanza delle mandrie. Gli abbondanti raccolti sfamano famiglie con numerosi figli e vengono venduti nei mercati della marina, a Catanzaro. Nelle successive divisioni tra eredi, il fondo perde la sua estensione originaria e viene frammentato in appezzamenti più piccoli. Attraverso Giovanni, figlio di Ercolino, il Fiego arriva alla quarta generazione. È la primogenita Rosaria Talarico, quando aveva cinque anni, a estrarre davanti al notaio il bigliettino con la proprietà che toccherà alla sua famiglia. Il destino della terra passa dalle sue manine. Ora l’ha trasformato nella fattoria brigantesca: un tributo alla memoria degli antenati che con il loro lavoro avevano reso un giardino la valle del Fiego.